L’alpinismo è insegnamento di valori per i giovani

di Stefano Mason - Scuola di Alpinismo“Le Maisandre” 2002

Spesso mi viene chiesto  il motivo che mi spinge a dedicarmi all’alpinismo, attività considerata da molti pericolosa e a volte estrema. Una richiesta comprensibile, ma in alcuni casi i toni e i termini usati riflettono la più tipica delle domande: “ma perché lo fai?” sintesi del pensierino del giorno: “ma chi te lo fa fare di rischiare la pelle per salire su una montagna?”.

In simili circostanze è facile riconoscere personaggi abbastanza lontani, come cultura e mentalità, dall’attività montana, spesso praticanti sport “innocui”, ma anche poco propensi a chiedersi il significato di alcuni termini ormai in disuso: sacrificio, coraggio, valore. Gli stessi che, dopo aver fatto una simile domanda, non aspettano nemmeno la risposta e si mettono davanti al televisore per il Gran Premio: “ I piloti di F1 rischiano la vita, ma è un’altra cosa!” .

C’è una profonda mancanza di rispetto per le passioni altrui.

Pochi danno un valore a quanto viene messo in gioco per queste passioni.

L’alpinismo è in grado di trasmettere forti sensazioni, ma richiede anche una formazione  della persona, al giorno d’oggi poco diffusa ma un tempo molto apprezzata. Chi va in montagna, per esempio, si rende conto che l’errore che commette lo paga subito, non domani, fra una settimana o mai. Ho visto allievi di scialpinismo stringere i denti in silenzio un’intera giornata per aver dimenticato i guanti e alpinisti “rompersi” volando su un passaggio di sesto a causa di una scarsa preparazione. E’ l’invito alla responsabilità, all’essere coscienti delle proprie mancanze. Oggi tutto tende alla semplificazione, alla ridistribuzione delle colpe, ad avere sempre e comunque una seconda possibilità.

Il sacrificio nell’alpinismo, inteso anche come fatica fisica, è sempre molto presente sia durante la preparazione che durante l’ascesa, in evidente  controtendenza con la vita attuale. Il sacrificio è un valore che non s’insegna solo raccontando che al tempo della guerra era un’altra cosa. Molti sono i giovani allievi in cui è facilmente riconoscibile la scarsa propensione alla sofferenza e alla rinuncia; queste, solitamente, sono premesse che danno poche possibilità di ottenere dei risultati, non solo nell’attività alpina. 

La generosità e l’aiuto dato al compagno nelle situazioni più difficili fanno onore all’alpinista. “Onore”, ecco l’altro termine  sconosciuto al tipo del “chi te lo fa fare” .

Riuscire a superare situazioni difficili e impreviste come un diedro  bagnato, una fessura sprotetta o un bivacco di fortuna, oltre a richiedere una buona dose di autocontrollo, di “testa”, consente di dare la giusta dimensione a tutte le banalità del vivere quotidiano che solitamente noi usiamo definire con il termine: ”è un grosso problema” .

Per finire vorrei spendere una parola sul coraggio che l’alpinista dimostra nell’affrontare le pareti e in genere la verticalità della montagna. Il coraggio non va confuso con l’incoscienza, abituale termine frutto della solita superficialità di analisi, il coraggio, per chi forse l’ha dimenticato, è una virtù preziosa che denota il carattere di un uomo, e che lo spinge con consapevolezza e tenacia a superere traguardi sempre più importanti.

L’alpinismo, se praticato nel modo corretto, rappresenta una “palestra” per la vita di tutti i giorni, nella quale ciascuno, soprattutto il giovane, può ritrovare quei valori che l’attuale società tende sempre più ad allontanare o a sostituire con modelli di vita più facili ma anche più poveri di contenuti.