Il Sultano e l'Ors

 

di Ivan Da Rios - CAI Conegliano 2004

 

E' il 30 Dicembre del 1974, Checco e Lele stanno risalendo la Val Pramper e sono diretti, in compagnia dei loro fidi schioppi (due Mauser adattati da quelli di Brunico) verso il Pian de la Fòpa, a circa 5 km dalla chiesa di Forno di Zoldo.
Il Checco, in paese detto amichevolmente "Faldin" per quella facilità con la quale si inerpica sui prati più alti per foraggiare le sue tre bestie da latte, è un bravo cacciatore. Conosce la zona, ci è nato e vissuto, e poi suo padre e suo nonno prima di lui erano cacciatori. Cacciatori zoldani. Non si viveva una volta se non si era abili cacciatori di "camorz".
Il Lele, detto "Lepre" per quel suo vizio di camminare sempre più veloce degli altri, a dispetto della pendenza o del peso del Camorz sulle spalle, è il più forte spaccalegna della zona. Ma la sua passione per la caccia lo ha convinto a seguire l'amico in questo inverno particolarmente mite.
Parlottano tra loro salendo. Dicono che il "Gran Sultano" è stato avvistato ultimamente da quel diavolo del Tita, mentre saliva al Pra de la Vedova per vedere se era tutto a posto su al Pramperet. Questo splendido esemplare è diventato oramai la bestia nera di tutti i cacciatori della Valle. Un palco incredibile, un portamento fiero da vero capobranco, saranno quasi 50 chili di muscoli.
Nella sua livrea invernale, quando compare lungo le numerose cenge cha lambiscono le pareti a picco della Cima del Venier, ma anche più in basso verso la Pala del Lares Alta, vicino sovente al Bivacco Carnielli installato da pochi anni e buon posto di sosta, appare come il padrone assoluto di questo dedalo di torri e canaloni dirupati. Nessuno è ancora riuscito a metterlo dentro alla tacca del fucile a "palla", e tanto meno è riuscito a capire come riesce a spostarsi così rapidamente da un versante all'altro degli Spiz senza lasciare traccia alcuna.
Ma il Lele ed il Checco oggi sono convinti di metterlo nel sacco. La neve è poca quest'anno, e per quanto mitologica possa essere ‘sta bestia, dovrà pure camminare per spostarsi.
La convinzione, assieme agli avvistamenti preziosi del Tita (altro cacciatore impenitente della zona) nel versante della Val Pramper, uniti agli appostamenti di un altro fidato compagno di caccia, tale "Agostino" gestore dalla Casera di Cornìa sul versante Est degli Spiz, completano il quadro dei due convinti ed agguerriti amici.
I due, giunti al Pian de la Fòpa, si concedono una meritata pipata di tabacco. Il sole è ancora alto e una volta raggiunto il Biv. Sòra il Sass basterà aspettare l'alba per partire. Non c'è fretta.
Dopo una buona sorsata di caffè i due attraversano la Prampera addormentata sotto un piccolo e insidioso strato di ghiaccio vivo che scricchiola al loro passaggio con i vecchi scarponi ormai logori, ma morbidi e fedeli. Risalendo i ghiaioni sul margine destro del Giàron de la Pala dei Làres e addentrandosi verso lo sbocco del Canalone Nord ne risalgono in parte le dirupate pareti tenendosi sui pochi ciuffi d'erba secca risparmiati dai camorz. Volgendo poi a sinistra, sulla familiare traccia nascosta nella neve, tante volte percorsa inseguendo qualche bestia, giungono sotto ai ripidi salti che, con rinnovato vigore, portano i nostri ai piedi del basamento dell'altopiano del Sora 'l Sass.
Le vertiginose pareti dello Spiz Mary e i baluardi dello Spiz Nord fanno capolino tra le prime nebbie serali dell'imbrunire, mentre il sole comincia a scendere dolcemente, senza fretta alcuna dietro le cime del Moschesin.
Aggirato il costone e saliti sull'orlo del canalone, con breve discesa, dopo aver fatto scorta d'acqua alla fontanella, giungono alla radura di pascolo della Casera.
Ormai si sta facendo buio, ma i due indugiano cercando nel crepuscolo i profili e le creste più nascoste del paesaggio da fiaba che si sta delineando nella fioca luce del tramonto. Poi, dopo un frugale pasto con salame, formaggio, un po' di polenta e tre bei bicchieri di vino rosso, la pipata finale li porta nell'oblio di un sonno movimentato, ma ristoratore.


31 Dicembre 1974
La sveglia prima dell'alba porta i nostri due camorzeri a movimenti tanto abitudinari quanto controllati, precisi e metodici: il caffè sulla brace, il controllo dei fidati fucili, la vestizione con il completo di fustagno verde ed il cappello con la bella quanto immancabile piuma di gallo cedrone.
L'alba; dopo una breve e seppur ripida salita lungo il Valòn Grand per giungere allo sbocco del Giaròn dantre i Spiz i due risalgono sotto le rocce dello Spiz di Belvedere per una cengia ascendente verso Nord su buona traccia, districandosi tra baranci semisepolti dalla neve portante, gustandosi l'odore mattutino del caffè appena sorseggiato, e della brina intrisa di mugo, in un ambiente reso quasi spettrale dalla poca luce presente, ma pur sempre conosciuto dai nostri due maghi dell'appostamento.
Arrivati al Belvedere, caratteristico pulpito panoramico sulla Val de Dòa e sulla Val di Zoldo, con bellissima visione sul gruppo del Bosconero e su tutta la catena degli Sfornioi, Checco ed il Lele attendono la salita dell'amico sole per avere campo libero ed iniziare la ricerca del loro Sultano. Checco estrae dal suo vecchio zaino un binocolo da caccia che ha i suoi anni, ma ha sempre fatto il suo dovere, uno Swaroski, di quelli che quando punti la tua preda puoi vedergli il pelo ritto sulla schiena per la paura di averti sentito. Così comincia la caccia, con l'ispezione dello Spiz di Belvedere che si sta arrossando con la luce solare che filtra lentamente tra le forcelle dal versante di Longarone. Neanche un minimo movimento animale. I due, quasi trattenendo il respiro, dopo aver scrutato ogni piccolo anfratto si rimettono in marcia. Raggiunto il Còl Pelos e seguendo sporadiche tracce di sentiero tra i numerosi mughi, tagliano sotto lo Spiz de la Tana de l'Ors, raggiungendo per uno stretto costone erboso l'accesso alla cengia con la caverna detta la "Pòsta de la Tana de l'Ors" con la sua "scaffa" rocciosa che prosegue in notevole esposizione fin sopra il canalone. Dentro alla "Tana" trovano i segni del passaggio dei Camorz, ma non sono tracce fresche.
Strano, il chiodo che si utilizzava di solito per la seppur breve, esposta calata nel canalone, e che permette la risalita sull'altro versante per la continuazione del vecchio sentiero, non c'è più.
I due non si perdono d'animo e calandosi nel canalone in arrampicata risalgono brevemente l'altro versante, continuando in leggera salita fin sul bordo del Canalone Sud-Est, dove li aspetta il passaggio più difficile dell'intera traversata; un canalino, purtroppo reso scivoloso da un po' di nevischio, con roccette sporche di detriti che porta al canalone con blocchi incastrati, risalito il quale, lungo la sua diramazione sinistra, si arriva al "Zengiòn".
Però c'è qualcosa di strano nell'aria. Sembra quasi di essere osservati. Sono neanche le otto del mattino. Alzando gli occhi verso la direzione di salita, i due non credono ai loro occhi.
Il Sultano, il Gran Sultano. Si, è proprio lui. Almeno dovrebbe essere lui, vista la fierezza che esprime il suo portamento mentre osserva i due amici impegnati nell'angusto canalone per la risalita. NO, no, non adesso, non c'è modo di risalire, tenersi, imbracciare il fucile, caricarlo, mettere quel gran figlio di... dentro il mirino. Troppo infelice la posizione dei due cacciatori, troppo angolata la posizione del Sultano. Sembra appostato per dare la caccia lui a loro.
Seppur cercando di limitare i movimenti, i nostri cacciatori non passano di certo inosservati in quel mare imbiancato di sassi e cenge, e l'animale che li osserva non è stupido, sa che sono li per lui, lo sente…
Mentre i due cercano di raggiungere il Zéngion, l'animale parte compiendo balzi prodigiosi lungo la banca che risale tutta la base dello Spiz Sud, fino al suo intaglio con lo spigolo Sud-Est. E i nostri due con fare circospetto, la lingua di fuori, e notevoli sbuffi di vapore, dietro.
Il Lepre, per mantenere alto il nome che porta, è il primo ad arrivare allo spigolo che, tramite una bellissima cengia, porta sopra il gran salto strapiombante che dà sull'Alta Val Venier; e poi per semplici salti alla Forcella Nord del Piccolo Dente. Quel cane di quel cane… I due amici, ricompattato il gruppo sotto la cuspide del Piccolo Dente, seguono con fare da segugio le tracce del Sultano, che va e viene facendo bella mostra di sé attraverso la Forcella del Venier, sotto il Dente della Fòpa, tenendo sotto controllo i due sbuffanti inseguitori.
Poi ad un tratto, nel silenzio, alcune voci concitate si sentono arrivare, complice un leggero venticello che arriva dal Canalone Sud. Un battere di chiodi, urla di richiamo... una cordata? Oggi?
I due, più sorpresi che preoccupati, dimenticano per un momento il loro inseguimento e puntato il cannocchiale verso il Carnielli, ben visibile sull'angolo destro del panorama che si apre verso il basso, vanno alla ricerca dei disturbatori della caccia. Boh…., non vedono niente…., si passano il binocolo…, un'altra voce, nitida che chiama la corda …. viene da sopra il Bivacco. Eccoli lassù. Ma dove?? Si, lassù sullo Spigolo Nord-Ovest dello Spiz di Mezzo. Sono in tre. Ma sono matti?. No, no, sono già alti lungo lo spigolo, stanno ripetendo la via di G.Gianeselli, P. Somavilla e G. Viel di qualche anno prima.
Da quel che si conosce, si tratta di una via con difficoltà rilevanti, ma non estreme, attorno al quinto grado, con verticalità e costante esposizione, su roccia eccellente, una delle più belle nelle Dolomiti. I due sono sorpresi, ma ammirano la forza ed il coraggio di quegli impavidi e, dopo averne seguito le evoluzioni arrampicatorie, ritornano sui loro passi, anzi sui passi della loro preda. Con rinnovato vigore si lanciano all'inseguimento verso la Forcella del Venier e la relativa Cima. Con breve salita la raggiungono, ma del Sultano nessuna traccia. La sosta ha aiutato il Camoscio a dileguarsi? I due non sono convinti. Sulla Cima del Venièr un mucchio di tracce confondono quelle del ricercato, rendendo la sua fuga quasi un mistero.
Forse ha imboccato una delle tante cenge che passano al di sotto della Cima, forse la bestia conosce qualche passaggio esposto che loro non hanno visto… Poi un sasso che rotola richiama la loro attenzione.
Possibile che… I due si sporgono verso il baratro del dirupato fianco Meridionale del Venièr, ed eccolo lì, che si fa beffe di loro, fuori portata per i loro fucili. Ma possibile che se lo siano fatto scappare così? E' incredibile… sembra che ci sia un sentiero lì sotto.. Ma da dove salta fuori? No, mai sentito che ci sia un passaggio da quella parte….
Il Lele ed il Checco, scoraggiati dalla ricerca infruttuosa, si sdraiano su un sasso e, stanchi per la risalita all'ultimo respiro, riposti i fucili e le loro velleità venatorie, si concedono una meritata sosta. Il sole alto nel cielo li rassicura, così dopo una bella pipata scendendo verso SE per una cengia ed una serie di prati intervallati da salti rocciosi, arrivano alla Forcella della Sagrona. Poi si dirigono verso la piana di Cornigia su labili tracce di sentiero, e attraversando alcuni canali rocciosi, ben guidati dai pochi ma sapienti ometti, arrivano al crinale che scende dalla cima del Coro e in breve giungono alla Casera di Cornìa. Risaliti poi alla Forcella Piccola con breve ma costante impegno fisico, scollinano nella Val Pramperet sino ad arrivare al Rifugio omonimo per poi ritornare lungo un sentiero ben più marcato al Pian dei Palùi ed infine al Pian de la Fopa.
Da qui, dopo aver inquadrato di nuovo quei tre arditi sullo spigolone dello Spiz Sud, rientrano in quel di Forno, raccontando agli amici l'accaduto, facendo attenzione a trattenersi sui particolari utili per la prossima uscita, stanchi ma non del tutto soddisfatti per la mancata preda.
Come di consueto, i due vengono canzonati dagli amici, anche se invidiati per l'esperienza vissuta, poi tutto finisce con la festa per il Capodanno.
Checco ed il Lele però, tra un bicchiere ed una bella pastasciutta, si ricordano dei tre sullo Spigolo. Chissà se sono riusciti ad uscire in giornata, se hanno di che festeggiare anche loro l'anno nuovo.
E poi chissà chi sono. Zoldani? Bellunesi? O peggio Veneziani?.

P.S.

I tre dello spigolo sono G. De Marchi, E. Corregiari e P. Sperandio che tra il 31-12-1974 e il 01-01-75 stanno effettuando la prima salita invernale dello Spigolo Gianeselli aperta il 13 Agosto 1967.
 

Altra notizia curiosa: Un tale Camillo Zanolli nel 1977, cioè circa 2 anni dopo la nostra storia, risale i dirupati fianchi meridionali della Cima del Venièr e grazie alla sua intuizione scopre un percorso di cenge che li attraversa completamente e che prenderà il nome di Viàz sòra la Fòpa.
Che abbia inseguito anche lui il Gran Sultano, o che sia venuto a conoscenza prima di noi di tutta questa storia?
La storia, pur facendo riferimento a luoghi e date ben precisi, è completamente inventata, anche se l'autore assieme ad un altro matto dei Viàz ha ripercorso integralmente il giro proposto un paio d'anni or sono.