Dal 1° libro del Rifugio Torrani

di Tomaso Pizzorni - CAI Conegliano 2009

 

 

Nota introduttiva: il libro, iniziato il 7 agosto 1938, in occasione dell’inaugurazione del rifugio, è stato completato l’11 ottobre 1959. E, cosa strana, non riporta registrazione alcuna, né firme di visitatori, relativamente agli anni 1940/41 e 1943/46. Eppure non ci sono spazi in bianco e pagine mancanti, poiché tutte numerate progressivamente. Quali le cause dei “vuoti” predetti? Il libro era stato forse messo al sicuro, dati i tempi e la non presenza fissa del gestore protrattasi a lungo? è però da ritenere che il rifugio fosse agibile, almeno in qualche periodo, tant’è vero che il nostro past president Francesco La Grassa ricorda di essersi trovato al Torrani nella fatidica data del 25 luglio 1943 (caduta del governo Mussolini); erano con lui: Arvedo Decima, Nereo Battistuzzi, Renato Bortolon e Francesco Brunelli.

 

Ammetto che, nel prendere in mano un così importante “strumento della memoria” ho provato una certa emozione. Sarà per l’aspetto importante del libro, rilegato tipo cuoio e con “borchiatura” della copertina, similmente a quanto avviene per i messali miniati degli antichi conventi. Sarà anche per le innumerevoli testimonianze e firme di alpinisti, famosi o meno, giunti nel “nido d’aquila” dopo imprese di grande rilievo, sulla parete nord-ovest, oppure a seguito di semplici salite per la “normale”, pur sempre faticosa e, a volte, impegnativa; infine per la “Tissi”, da taluni definita “strada ferrata”. Saranno forse ferrovieri?
Dell’ideazione e della realizzazione di quella che costituisce un’opera alpina unica e fondamentale per l’attività in Civetta, cioè il rifugio dedicato dalla nostra sezione a Maria Vittoria Torrani, è stato scritto, nel 2000, su “Le Alpi Venete”, successivamente alla celebrazione del 60° di inaugurazione.
Ora, dopo la divertente consultazione delle 178 pagine fitte di annotazioni, espressioni di gioia e stupore, commenti positivi per la gestione, lagnanze diverse, banalità varie (purtroppo la stupidità si manifesta, in taluni soggetti, anche a 3000 metri), brevi relazioni, tempi di salita, schizzi, firme di personaggi appartenenti al Gotha dell’alpinismo o semplici escursionisti, ho voluto vedere che cosa è avvenuto di importante, o degno di nota, nel periodo di apertura ufficiale; ovviamente con esclusione degli anni non documentati.
Ecco quindi qualche “flash”, senza la pretesa di essere esaustivo.
Dopo l’inaugurazione del rifugio (7/8 agosto 1938), avvenuta alla presenza di 75 persone, già nello stesso anno si contano altre 140 firme. Per la cronaca, gli ospiti del primo anno provengono da 35 diverse località italiane, oltre ad una coppia dal Belgio. Limitate sono le presenze nel 1939 (n°109), con 2 tedeschi, e nel 1942 (solo 71). Come già detto manca qualsiasi riferimento agli anni 1940/41 e 1943/46. Ed anche nei periodi di apertura non è detto che tutti i visitatori firmassero il libro del rifugio.
Quindi le cifre riportate, anche successivamente, sono di certo inferiori alla realtà
A partire dal 1947 riprende l’affluenza documentata, con una presenza media annua di 245 unità, praticamente nei soli due mesi scarsi di apertura, con una punta minima di 156 e massima di 375 frequentatori per anno.
E qual è la frequentazione dei coneglianesi? Sempre dalla verifica delle firme risultano ospitati nel Torrani, nel periodo in esame, una sessantina di nostri soci, oltre ai presenti all’inaugurazione; non molti per la verità. Ma nel 1956 sono ben 16, tutti insieme..
E chi si distingue? Il “decano” dei soci, Ettore Calissoni, con quattro firme di presenza in anni diversi
Per quanto concerne gli alpinisti stranieri queste sono le presenze riscontrate: 187 tedeschi, 108 austriaci, 21 francesi, 9 svizzeri, 6 belgi e 1 argentino; in tutto 332 firme che - sul totale di 3184 visitatori - corrispondono a poco più del 10%.
Di rilievo, anche se limitata a pochi casi, la presenza delle Forze Armate: nel 1939 giungono in armi e con equipaggiamento al completo gli allievi della Scuola Ufficiali e i militari della 142ª Compagnia del Battaglione Bolzano; tempo impiegato dal Coldai, per via normale, 5 ore. Le firme sono quelle del Ten. Colonnello e del Ten. Medico. E ancora nel 1939, altri 62 alpini e 4 ufficiali della Comp. Comando del Battaglione Bolzano. Preparativi per la guerra?
Nel 1949, infine, il Gruppo Artiglieria da Montagna di Belluno è al rifugio con un cannone da 75 mm, mitragliatrici e relativo equipaggiamento. Sicuramente sono parecchie decine i militari necessari per tale trasporto su percorso faticoso e complesso per quota e tipologia del terreno.
Frequente è la presenza di guide con clienti, iniziando da Piva di Mareson, De Toni e Pollazzon di Alleghe, Soldà di Recoaro, etc.. Per non dimenticare il “Tama” A. Da Roit, che svolge anche mansioni di “custode a distanza” mentre gestisce il Vazzoler e che, nel 1957, come papà accompagna in Civetta la piccola Ottilia (anni 6) e la sorella Carla (anni 11); lo documentano le firme delle mini-alpiniste che pernottano in rifugio.
Non mancano i big dell’Alpinismo; alcuni nomi: Attilio Tissi (titolare dell’impresa costruttrice del rifugio e della “ferrata” che porta il suo nome), Ettore Castiglioni, Ernani Faè, Gaston Rebuffat, Hans Steger (con la belga Colette D’Asche), Cirillo Floreanini, Guido Pagani, Armando Aste, il francese Gabriel, Franco Alletto, Paolo Consiglio e tanti altri, specialmente stranieri, non identificabili per la grafia incomprensibile. Tutti comunque reduci da importanti imprese, con prevalenza della via Solleder-Lettembauer e varianti; in questa risultano impegnati oltre ottanta ripetitori, sempre nel periodo in esame. In maggioranza sono tedeschi ed austriaci, ma anche Italiani. Altre firme importanti: l’Avv. Virginio Bertinelli di Como, allora Consigliere Centrale e, successivamente, Presidente Generale del CAI, che così relaziona: “trovato rifugio in ordine, sotto ogni aspetto. Custode premuroso. è opportuna un maggiore segnalazione …”; il geografo prof. Antonio Marussi dell’ I.G.M. di Firenze che, con Da Roit, realizza il nuovo segnale trigonometrico in vetta.
Anche le gite sociali (mèta Torrani e Civetta) non mancano. A partire dal ’39 vediamo presenti le sezioni CAI di Bassano, Padova (più volte), XXX Ottobre di Trieste, Monfalcone, Cesare Battisti di Verona ed altre associazioni come la Giovane Montagna di Verona, Venezia, Vicenza, quest’ultima guidata dall’alpinista-scrittore Gianni Pieropan che esprime entusiasmo per la salita e gratitudine al gestore Gaz; poi l’Az. Cattolica di Empoli ed altre aggregazioni.
Molte le sigle delle società e club di appartenenza. Oltre al CAI (nei primi anni denominato Centro Alpinistico Italiano) e l’accademico CAAI, sono da citare almeno: il DAV (Germania), l’OAV (Austria), il CAS (Svizzera) il CAB (Belgio), il CAF (Francia), il GHM (gruppo alta montagna, francese), l’AVS (Alto Adige). Ed anche: il GUF (universitari fascisti), la GIL (Gioventù Italiana del Littorio), la SAT (Soc. Alpinisti Tridentini), l’UGET (Torino), l’ASCI (esploratori cattolici), l’ANA (Associazione Nazionale Alpini) ed altre.
Ho precedentemente citato le 178 pagine, fitte di annotazioni e commenti, taluni a mio avviso meritevoli di citazione per originalità; e, a costo di annoiare ulteriormente il lettore, ne riporto qualche saggio.
Inizio con chi ritiene che “… la ferrata è gelida” e chi “agli amanti della vita comoda consiglio questa salita”. Da ricordare, in proposito, che il Regime di allora si era ufficialmente espresso “contro la vita comoda”.
Poi ci sono i poeti che declamano: “La montagna è madre generosa e ridona in gioia ciò che chiede in fatica …”; oppure “Abbiamo ammirato l’impareggiabile spettacolo del tramonto e del sorgere del sole … Gloria tibi Domine” (forse si tratta di un ex chierichetto?); e ancora “I cieli immensi narrano di Dio la gloria”; questo dopo aver goduto del levar del sole dalle 4,30 alle 6,30.
C’è poi chi, meno lirico, ma buongustaio, raccomanda: “Assaggiate il Prosecco … Merita!”; un improvvisato “filologo” afferma di aver “Ravanato (sic) forte nella nebbia per trovare il rifugio scendendo dalla vetta”.
Ma ecco un giovane agordino che esprime così la propria gioia: “valeva la pena di compiere i 20 anni con la neve”.
Non manca un buon amico di Bacco, anche se dotato di spirito contemplativo; egli afferma: “Si rompe la fiasca da un litro di cognac. Lo spettacolo che però ci si è presentato sulla cima vale anche 14 fiasche di cognac rotte”. Meglio così.
Altri rilevano la loro inesperienza e superficialità (ma pure una buona dose di fortuna), alludendo ad una “Doccia piuttosto fredda sulla ferrata, ma con molta neve ce la siamo cavata con un buon raffreddore; la nebbia ha provveduto a farci sbagliare rotta. Notte sulla cima con molta ventilazione, senza coperta e in pantaloncini corti. Arrivati Torrani ore 9 mattino seguente!” Chissà se la lezione sarà servita?!
Molto esplicito il messaggio di un fedele marito che scrive: “La montagna è deliziosa e fa dimenticare tanti malanni. Io fra i malanni ho potuto, con grande gioia, dimenticare mia moglie”. Pare invece che la medicina non sia servita a molto, poiché il personaggio risulta ancora presente al Torrani, in anni successivi, ma stavolta con la moglie a suo tempo dimenticata.
C’è pure un emigrante di origine veneta (in Svizzera da 70 anni), che oltre a raccontarci la sua trasferta in bicicletta dal Gran San Bernardo alla Val Zoldana e ad enumerare le molteplici cime (di 3000/4000 metri) salite a piedi, conclude la sua lunga esposizione con queste raccomandazioni: “Non lasciate le nostre bellissime montagne a percorrerle in maggioranza agli stranieri … “ ed “Evitate tutte le bevande alcoliche ed evitate soprattutto l’orribile vizio del fumare!!”.
è il caso di dire che questo più che sobrio italo-svizzero (socio CAS) ha idee ben chiare sui danni di Bacco e tabacco. Per il resto non si sa!
Per chiudere in allegria, riporto una riflessione del 1939, scritta in uno strano vernacolo: “Causa quella pissa che vien giù dalla ferata che era tropo grande, o dovuto Bivacare al’lataco su quel bus a morire dal fredo”.