"Dimensione 8.000"
Il Broad Peak di Adriano Dal Cin
di Diego Della Giustina - CAI Conegliano 2007
Dodicesimo in ordine d'altezza tra i 14 ottomila, il Broad Peak (m.8.047) si colloca in Karakorum, poco oltre il circo Concordia, sul ghiacciaio del Baltoro. Noto anche come K3 (terza montagna del Karakorum di cui è stata misurata l’altezza, dopo il famoso K2) il Falchan Kangri, “La Cima Larga” deve il nome al fatto che la sua cima è lunga quasi due chilometri.
Era il 9 giugno del 1957 quando, sulla
sua interminabile cresta sommitale, il grande alpinista austriaco Kurt
Diemberger, dopo aver toccato la sommità della montagna ed aver iniziato a
ridiscendere verso l’antecima, incontrando il compagno Herman Buhl che si era
attardato a causa delle sue non buone condizioni fisiche, decise di tornare sui
propri passi per accompagnarlo sulla vetta. Nella stessa
giornata anche gli
altri due austriaci della spedizione, Markus Schmuck e Fritz Wintersteller,
avevano raggiunto la cima, effettuando quindi la prima salita di questo gigante
del Karakorum. Il destino volle che Herman Buhl, oramai divenuto un mito dopo la
prima ascensione solitaria del Nanga Parbat, non dovesse più tornare in patria,
scomparendo per sempre sulle pendici della vicina cima lucente ed invitante del
Chogolisa (m. 7.654) a causa del crollo di una enorme cornice ghiacciata della
cresta, sulla quale si fermò per sempre la sua traccia.
E’ così che è cominciata la storia
delle salite in vetta al Broad Peak, 50 anni prima della spedizione di Adriano
Dal Cin, nel magnifico scenario delle vette più alte del Karakorum, intorno a
Circo Concordia, dove altri tre colossi che superano gli 8.000 metri, il K2, il
Gasherbrum I ed il Gasherbrum II, coronano la visuale di chi si avventura fino
in fondo al Baltoro.
Una quindicina di spedizioni hanno onorato la ricorrenza del 2007 con la loro presenza sulle pendici del Broad Peak e ben 140 alpinisti hanno tentato la salita. Di questi appena il dieci per cento è arrivato sulla vera vetta della montagna.
Adriano, socio della Sezione di Conegliano del CAI, ha oramai abituato i suoi amici a seguirlo con passione nelle sue avventure. In questa serena occasione, in cui ci incontriamo in sede sociale alla fine di agosto, ci racconta la sua salita al Broad Peak che ha affrontato, senza l’uso dell’ossigeno, assieme agli altri componenti della piccola spedizione, composta da quattro alpinisti e guidata da Giuseppe Pompili, gli stessi che nel 2004 furono protagonisti all’Everest.
Questa volta, anche per noi che seguivamo giorno dopo giorno la spedizione attraverso quel formidabile strumento di conoscenza e comunicazione che è Internet (grazie al diario on-line di Giuseppe), l’avventura è stata particolarmente emozionante e coinvolgente. La possibilità di inviare messaggi agli alpinisti impegnati nella salita ci ha reso molto partecipi delle varie fasi della spedizione. Era per noi possibile seguire le vicissitudini della salita, incoraggiando gli alpinisti e cercando di caricarli nei momenti più difficili, quando ad esempio le condizioni meteo non lasciavano grande spazio all’entusiasmo. Adriano ne sa qualcosa …. “Pié Veloce”, come lo avevano battezzato gli altri durante il trekking di avvicinamento al Campo Base, fremeva impaziente nelle giornate di maltempo. Anche la pioggia ha fatto la sua comparsa ai 4.850 metri del Campo Base, non lasciando presagire grandi possibilità di successo per la salita.
Quando si tratta di parlare delle sue
esperienze sulle montagne del mondo, Adriano perde del tutto la sua
indole riservata. Le parole prendono vigore, velocità e determinazione. Mi piace
immaginare che costituiscano lo specchio del suo modo di affrontare le
spedizioni alpinistiche, in particolar modo quando si tratta di raggiungere la
vetta e portare a casa il risultato. Non dimentichiamo che il Broad Peak è il
suo terzo ottomila dopo l’Everest (m.8.850) nel 2004 ed il Cho Oyu (m. 8.201)
nel 2002. Considerando anche il tentativo al Gasherbrum II del 2001, la
statistica ci presenta tre successi su quattro tentativi sugli 8.000:
decisamente un bel risultato!
Il racconto di Adriano tuttavia inizia con una nota di rammarico, quella di non aver potuto provare a salire anche il K2 (m. 8.616), dopo la discesa dal Broad Peak. Già perché la loro spedizione aveva acquistato i permessi di salita anche per la grande montagna, la cui prima ascensione del 1954 fu opera della spedizione italiana che vide in vetta Achille Compagnoni e Lino Lacedelli. Un principio di congelamento ai piedi, fortunatamente non grave, ha infatti costretto Adriano ad effettuare, da solo, un rientro anticipato in Italia per sottoporsi alle cure di ossigenoterapia in camera iperbarica. Il ritorno si è svolto tra le sofferenze patite a causa della necessità di camminare con i piedi doloranti lungo il ghiacciaio del Baltoro. Anche le notti in tenda sono state terribili. Adriano per il dolore non riusciva a chiudere occhio.
Considerati i tre ottomila che oramai sono nel bagaglio delle sue esperienze, Adriano ritiene che il Broad Peak sia quello che ha presentato le maggiori difficoltà tecniche. I tratti più impegnativi, considerati anche i pericoli oggettivi, si trovano tra il Campo Base ed il Campo 1 e sulla lunga cresta sommitale.
E’ stata una giornata interminabile
quella della sua salita sulla cima, il 12 luglio 2007, iniziata alle ore 23 del
giorno prima in una buia notte senza luna, per concludersi dopo circa 20 ore con
il rientro nella tenda del Campo 3 a 6.950 metri: un impegno fisico notevole che
ha lasciato il segno ed un insegnamento, come dice Adriano. Nelle prossime
occasioni si ripromette di bere e di mangiare di più, soprattutto le specialità
portate dall’Italia, per accumulare le energie necessarie per la salita. Il
ritorno dalla cima è stato infatti più faticoso del previsto, con una notte in
più al Campo 2 ed al rientro dalla spedizione Adriano ha dovuto riscontrare un
calo dell’8% del suo peso.
Dall’ultimo campo il dislivello per la
vetta è notevole, considerata anche la percorrenza in alta quota: si tratta di
oltre 1.100 metri. Alcune spedizioni, tra cui anche quella di Silvio “Gnaro” Mondinelli (al suo 14° ottomila, tutti senza ossigeno) si sono dovute alternare
a battere la traccia, condizione necessaria per poter puntare al successo con le
condizioni ambientali di quel 12 luglio. La salita si è svolta infatti su di un
pendio carico di neve fresca fino alla forcella sulla cresta sommitale,
raggiunta dopo 9 ore, da cui poi si deve affrontare il lungo percorso che tocca,
con non poche difficoltà, prima l’antecima (dove si ferma buona parte dei
salitori) e poi, dopo altre 2 ore, la vetta vera e propria.
Adriano si è fermato in vetta una mezzora intorno alle 15 e poi ha iniziato la discesa che oltre la forcella si è rivelata particolarmente faticosa a causa della neve molle e della traccia oramai sfatta, oltre che per le peggiorate condizioni meteorologiche.
La notizia del raggiungimento della vetta su www.caiconegliano.it.
La relazione della salita
di Adriano Dal Cin
La scalata del Broad Peak attrae gli
alpinisti di tutto il mondo ed anche quelli con maggiore esperienza si sentono
onorati nel conquistare la sua vetta, spesso nota per le cattive condizioni
meteorologiche che possono cogliere di sorpresa gli scalatori. Per questo motivo
molti hanno dovuto rinunciare al tentativo e tornare sui propri passi: il vento
forte e le temperature estreme caratterizzano spezzo la salita, come nel caso
del primo tentativo di raggiungere la vetta del 1954.
Con attrezzature “ridotte all'osso” (se si esclude un telefono satellitare) e senza l'uso di ossigeno 3 dei 4 componenti della nostra spedizione hanno raggiunto la vetta del Broad Peak, il 12 luglio 2007.
L’avvicinamento
Dall'Italia si raggiunge in volo
Islamabad (Pakistan). Qui è necessaria una sosta di alcuni giorni necessari al
disbrigo delle formalità burocratiche (ufficiale di collegamento, acquisto
viveri, organizzazione campo base, ecc.). Con un bus
si percorre la KKH (KaraKorum
Highway) in circa 24 ore (se si è fortunati e non la si trova interrotta per
frane) fino a Skardu, 2.287 metri, capoluogo del Baltistan. Da qui con le jeep
in 5 ore si raggiunge Askole, da cui ha inizio il trekking di sei giorni lungo
l'interminabile ghiacciaio del Baltoro, fino al Circo Concordia, a 4.687 metri,
da cui risalendo il ghiacciaio Godwin Austen , in quattro ore di marcia, si
raggiunge il Campo Base del Broad Peak, posto alla quota di circa 4.850 metri
(in totale sono 75 Km di trekking).
La salita
La spedizione è durata complessivamente sette settimane, di cui almeno quattro dedicate al tentativo alla cima. La salita è avvenuta in completa autonomia, trasportando tutto il materiale necessario alla preparazione dei campi alti su e giù per la montagna.
Si sale lungo la cresta ovest, la cosiddetta “Via degli Austriaci”.
Lasciato il Campo Base, il primo
ostacolo per arrivare all'attacco della via è costituito da un cammino tortuoso
della durata di un'ora circa tra vele di ghiaccio alte 20 metri e pericolosi
torrenti glaciali.
Come contributo alle altre spedizioni abbiamo costruito un ponte sul torrente più impetuoso con dei bambù procurati dal nostro ufficiale di collegamento (vengono normalmente utilizzati per il cavo del telegrafo posto sul ghiacciaio del Baltoro).
Dopo alcuni passaggi il terreno diventa più agevole ed offre panorami mozzafiato sul K2 che si erge davanti agli alpinisti lungo l'intero tragitto.
Dopo aver risalito una scomoda traccia rocciosa si supera la crepacciata terminale, secondo ostacolo prima di raggiungere i pendii inferiori della cresta ovest. Ad inizio stagione questo crepaccio è attraversabile su di un ponte di neve e diviene più impegnativo quando la neve si scioglie, rendendo necessaria o un'arrampicata esposta attraverso l'icefall oppure una breve corda doppia nella terminale stessa.
Le condizioni dei pendii che portano al Campo 1 vanno dalla neve fonda di giugno alla roccia ed al ghiaccio nero della fine di luglio. La natura sempre mutevole di questi pendii durante l’arco della giornata richiede partenze prima dell’alba (3:30-4:00) per avvantaggiarsi delle condizioni più stabili del terreno. In genere si posizionano corde fisse nelle parti più esposte. E’ frequente nelle ore più calde la caduta di pietre.
Dopo ore di sforzi si arriva allo spiazzo del Campo 1, posto alla quota di 5.700 metri. E' questo il luogo più esposto e spettacolare dell'intera via, dove c’è l'opportunità di riposare ammirando il ghiacciaio sottostante. C’è spazio limitato per installare al massimo 6 o 7 tende: trovando tutto occupato abbiamo dovuto salire direttamente al Campo 2. La salita sopra il Campo 1 richiede attenzione perché per arrivare al Campo 2 c’è da arrampicare su alcuni risalti rocciosi esposti che vanno attrezzati con corde fisse. Poco sopra di essi il pendio diventa per un breve tratto quasi pianeggiante, luogo ideale per il Campo 2 a 6.200 metri, un luogo che offre viste incomparabili sul Baltoro fino al K2.
Lasciato il Campo 2 si risale la cresta ovest, in modo da avvicinarsi ai pendii superiori del Broad Peak. La cresta è di terreno misto sino ad un couloir che sbocca su di un ampio campo di neve. Lo si risale per riprendere il filo di cresta, che si segue sino ad un ulteriore pendio di neve.
Alla quota di circa 6.950 metri si
stabilisce il Campo 3. Se non si fa parte di un
gruppo numeroso (almeno 10 persone) è più prudente montare anche il
Campo 4 a m. 7.400 perchè la neve alta da battere è molta.
Dal Campo 3 siamo partiti intorno alle ore 23 dell’11 luglio, con altri 25 alpinisti (tra cui Mondinelli, Confortola, Edurne, Valleio, ecc.). Un lungo traverso, non sempre facilmente individuabile tra le seraccate, porta a pendii più dolci ma con neve spesso abbondante ed inconsistente. Non è stato facile individuare la via al buio per cui abbiamo perso diverse ore tra i seracchi.
Ci si dirigie verso l’esteso colle che
separa la cima principale da quella centrale, risalendo un pendio a 30 gradi,
tra balze di ghiaccio e seracchi, sino agli ultimi 50 metri dove la pendenza
sale fino a 50°, appena sotto la sella, a 7.800 metri di quota.
Qui inizia la parte più impegnativa della salita. La cresta sommitale si alza ripida e sinuosa sul lato sud. Si sale arrampicando su alcuni risalti rocciosi molto esposti. Giunti sull’anticima a 8.030 metri abbiamo incontrato il cadavere di una guida alpina austriaca deceduta nel 2006.
Ora il pendio si fa più dolce ma restano ancora alcuni gendarmi rocciosi da superare prima del pianeggiante tratto che porta in vetta, facendo attenzione a non esporsi sulle cornici che si protendono sul lato nord.
Il vento era sostenuto e la neve sollevata non consentiva visibilità sul lato cinese (Sinkiang). Alle ore 15 del 12 luglio sono giunto in vetta. In media, l'andata e il ritorno dal Campo 3 alla vetta richiedono circa 16-20 ore.
Dalla cima si gode di una vista incredibile sul K2, sul gruppo dei Gasherbrum e sui ghiacciai Baltoro e Godwin Austen.
La discesa dal Campo 3, che segue lo stesso percorso, è avvenuta in mezzo alla bufera, particolarmente delicato è stato arrivare al Campo 2 per scarsa visibilià e sotto il Campo 1 per il distacco di alcune slavine.
Siete tutti invitati ad incontrare Adriano venerdì 16 novembre 2007, alle ore 21, all’Auditorium “Dina Orsi” di Conegliano per vedere le immagini della sua bella salita al Broad Peak, sentendo direttamente dalla sua voce il racconto dell’avventura in Karakorum.