Viaggio in Patagonia

 

di Santina Celotto - CAI Conegliano 2009

 

Se, come dicono i poeti, la vita è un sogno, allora in un viaggio come questo si ritrovano le visioni  che meglio servono a far passare la lunga notte.”

Mi piace iniziare così il racconto del mio viaggio in Patagonia, con queste parole scritte da Charles Darwin, famoso naturalista, di ritorno da quelle terre lontane.

Patagonia e Terra del Fuoco, luoghi per me mitici e, pensavo, impossibili.

Invece, improvvisamente, un giorno pensando ad un viaggio che potesse darmi la carica e la serenità, dopo un anno di lavoro, ecco l’idea che mi assale prepotente… dopo venti giorni sono già in volo per Buenos Aires: ho lasciato i colori dell’autunno e mi ritrovo in un attimo in primavera.

Insieme a me altre tredici persone mai conosciute prima, ma con lo stesso sogno. Da Buenos Aires un altro volo di quattro ore ci porta alla Penisola di Valdès, famosa in tutto il mondo per le sue baie riparate, dove le grandi balene Franche-Australi arrivano in primavera per mettere al mondo i loro piccoli.

Le immense colonie di pinguini di Magellano, di leoni marini e la grandissima varietà di uccelli fanno di questa penisola un angolo di paradiso per naturalisti. Ho potuto immergermi in questa natura meravigliosa per quattro giorni, poi di nuovo in volo.

Destinazione… El Calafate, importante centro turistico, da dove  si parte per il ghiacciaio Perito Moreno e per il trekking sui mitici Cerro Torre e Fitz Roy.

In aeroporto ci sta aspettando Juan, la nostra guida, che sarà con noi per parecchi giorni, persona gentilissima, sempre disponibile: in lui ho ritrovato la devozione degli sherpa nepalesi di un mio viaggio precedente.

Vento, cielo a 360° di un incredibile blu,  nuvole sempre in movimento, laghi su cui gli iceberg sembrano bianche vele, pampas a perdita d’occhio e… pecore, pecore e ancora pecore.

L’impatto con la Patagonia è stato fantastico!

Primo giorno di trekking: partenza per il Cerro Torre. Risaliamo prima una lunghissima valle glaciale ricoperta di rigogliosa vegetazione, poi una morena dai massi instabili che ci rallenta non poco il cammino. Il tempo sta cambiando, pioggia mista a neve e un vento gelido ci fa ricordare che l’Antartide non è lontano. Dense nuvole coprono il Cerro Torre, il vento è così forte che non mi reggo in piedi, ma sono così felice di essere qui in questo mondo gelido e tante volte sognato, che non mi accorgo di essere rimasta sola. I miei compagni e Juan sono già in discesa. A malincuore inizio a scendere e improvvisamente… il cielo comincia ad aprirsi, le nuvole alzarsi e immenso, come me l’ero immaginato, ecco elevarsi da un enorme ghiacciaio l’imponente parete del Cerro.

Slanciato verso il cielo, ricoperto di ghiaccio con il “fungo di neve” sulla cima, era uno spettacolo che metteva paura e rispetto.

Raggiunti i miei compagni di viaggio sono stata da loro rimproverata per la mia imprudenza, ma subito perdonata. Ero così felice che non potevano fare diversamente.

Con tempo migliore, ma con il prepotente vento dello “Hielo Sur”, dedichiamo i giorni seguenti alla scoperta dei ghiacciai Pietres Blances, los Tres e Fitz Roy.

Simbolo della provincia di Santa Cruz, il Fitz Roy è conosciuto anche come Cerro Chaltèn. Nell’antichità il Chaltèn era considerato sacro dagli Indios locali (Tehueche) e significa “montagna che fuma” per effetto delle nuvole che di solito si formano attorno alla sua cima. Sotto l’imponente parete, il pensiero va agli alpinisti che, con grande coraggio, hanno affrontato questa cima già dalla metà del Novecento. Solo pochi di loro hanno raggiunto la vetta che rimane ancora una delle montagne più difficili della terra.

Siamo ora in nave, finalmente oggi vedremo il Perito Moreno.

Dopo due ore di navigazione sul Lago Argentino, dai colori fantastici e attraversato da grandi iceberg, arriviamo al fronte del ghiacciaio. Torri, guglie dalle più strane forme, grandi crepacci di un incredibile colore blu, tutto questo a soli duecento metri da foreste secolari di faggi australi, cespugli di notro, dal colore rosso acceso, e di calafate color giallo oro.

Un vero spettacolo della natura, un giorno come oggi vale il viaggio!!!

Dedichiamo gli ultimi tre giorni in Patagonia ai parchi Cileni, più precisamente al Parco Nazionale Torri del Paine.

Le Torri del Paine, che si elevano quasi verticalmente sopra la steppa patagonica, sono  2000 metri di puro granito e dominano uno dei più bei paesaggi dell’America meridionale.

Laghi dai colori mutevoli, condor andini, guanachi e il loro peggior nemico, il temibile puma rendono questi luoghi impossibili da dimenticare…mentre scrivo rivivo ancora grandi emozioni. Il

tempo stringe, pochi giorni mancano alla partenza.

Con un viaggio in pulmino di circa 650 km, il nostro Juan ci porta a Punta Delgada; dobbiamo prendere il traghetto che attraversando lo Stretto di Magellano ci porterà nella Terra del Fuoco, chiamata così da Magellano nel 1520 quando arrivò per mare e vide migliaia di fuochi sulla terraferma accesi dagli indigeni per riscaldarsi.

Arriviamo a Ushuaia di pomeriggio. Come sempre c’è molto vento, il sole gioca a nascondino con le nuvole, non ci può essere luce migliore. Ushuaia, la città più a sud del mondo è stretta tra il Canale di Beagle  e i frastagliati picchi glaciali che si innalzano dal livello del mare, fino a quasi 1500 metri di quota. Vanta una posizione spettacolare che poche città possono eguagliare. Colonizzata ai primi dell’Ottocento da Inglesi e Italiani, è sempre stata la via d’accesso per l’Antartide.

Noi visiteremo prima le grandi estancie presenti sulla pampa, poi le grandi colonie di leoni marini, foche e ancora pinguini.

Il mio viaggio è finito, ma sono sicura che il sogno rimarrà per lungo tempo nella mia mente.

Un ringraziamento agli amici che hanno vissuto con me queste tre settimane.

 

“La Patagonia è un’amante difficile. Lancia il suo incantesimo, ti stringe nelle sue braccia e non ti lascia più.”   (Bruce Chatwin)