Giuliano De Marchi

Una vita per le montagne

Un bivacco alla memoria

di Diego Della Giustina - CAI Conegliano 2009

 

 

Il vento tempestoso di questo sabato 6 giugno è purtroppo foriero di notizie che non avremmo mai voluto sentire.

L'Antelao, il re delle Dolomiti, sta trattenendo con se il nostro amico Giuliano che aveva intrapreso con gli sci da alpinismo una delle sue tante salite in montagna. Un abbraccio questa volta fatale; lo sapremo con certezza solo il giorno dopo.

Giuliano amava le montagne di una passione pura, irresistibile, coltivata con la dedizione dei grandi alpinisti, fino a divenire membro del Club Alpino Accademico Italiano.

Era nato nella nostra Conegliano, dove aveva visto nascere la sua attrazione per l'alpinismo alla scuola di papà Nino, per molti anni presidente della nostra sezione CAI. Fin dai primi anni di pratica alpinistica si era dimostrato subito un forte arrampicatore.

Con l'amico di gioventù Gianmario Carnielli si era avvicinato all'alpinismo e poi con Alessandro Masucci, Paolo Sperandio e Soro Dorotei, tra gli anni '70 e '80 ha affrontato sempre maggiori difficoltà approdando ad un alpinismo spesso di ricerca, soprattutto sulle montagne della Val Zoldana: sul Pelmo, in Civetta e sugli Spiz di Mezzodì. Nelle Dolomiti ha aperto una settantina di vie nuove di arrampicata. Complessivamente le sue salite sono state 900, sulle montagne di tutto il mondo. Nella sua lunga carriera alpinistica ha partecipato a 22 spedizioni.

Già all'inizio degli anni '80 i giovani della sezione CAI lo ammiravano come il mitico Giuliano, capace anche di girare per la città in pieno inverno in maniche di camicia. Aveva una tempra fortissima. Lo aveva dimostrato a tutti nel 1980 quando gli sfuggì la cima dell'Everest per la prima volta, a 80 metri dalla vetta, ma poi rimase una intera settimana al Colle Sud, a 8.000 metri, dentro una tenda sbattuta dal vento gelido che soffiava dal Tibet, e la sua impresa finì sulla televisione nazionale.

Poi ritentò l'Everest, sempre per vie diverse, una volta rinunciando alla cima per salvare la vita a Fausto De Stefani e patendo per questo degli irreparabili congelamenti ai piedi, ed un'altra volta ancora durante una salita solitaria che non prometteva le migliori condizioni di sicurezza personale.

In cima agli 8.000 è salito tre volte: sullo Shisha Pangma (1985), sul Makalu (1986), e sul Cho Oyu (1988). Solo la sfortuna non lo ha voluto in vetta al K2 nel 1983, durante la storica spedizione italiana sul versante nord della montagna. Nel 2004 è stato chiamato a prendere le redini della spedizione organizzata in occasione del 50° anniversario della prima salita al K2 e coronata dal successo.

Ricordiamo anche il Mount McKinkey, in Alaska, salito per la prima volta nel 1982, mentre in sede CAI noi condividevamo le preoccupazioni di papà Nino, che temeva per i possibili congelamenti dovuti al freddo intenso del grande nord. Nel 2007, a 60 anni di età, ha poi effettuato la prima traversata italiana della montagna, in stile alpino. Un'impresa da pochi.

E come non ricordare le lunghissime salite di arrampicata sulle terre di Baffin, o le attraversate con gli sci della Groenlandia e sullo Hielo Patagonico, oppure ancora le avventure sulle big wall del Capitan, nello Yosemite. Fino all'ultima salita extraeuropea di pochi mesi fa sull'Aconcagua, tanto più soddisfacente per lui proprio perché nessuno aveva saputo dei suoi programmi.

Appassionato e bravo fotografo, con gli anni aveva saputo sempre più avvicinarsi alla gente per raccontare con voce suadente il suo modo di andare in montagna, in punta di piedi, secondo il puro stile alpino, senza clamori o ricerca della notorietà.

Le sue grandi doti di umanità e di rigore morale hanno accompagnato sempre il suo ruolo di medico nelle spedizioni, al punto da fargli rinunciare più di una volta alla vetta per aiutare i compagni di avventura. Ma per lui la cima non era tutto. Quando raccontò del salvataggio di Fausto De Stefani sull'Everest ci disse "se voi togliete la gente dalle montagne, cosa volete, vi resta solo un mucchio di sassi".  Forse la definizione in cui meglio si caratterizza quello che è stato il suo spirito si condensa nella motivazione con cui, nel 2005, gli fu assegnato il premio denominato "Pelmo d’Oro": «alpinista e himalaista di eccezionale tempra e rigore morale».

Durante le sue attraversate sui desertici terreni ghiacciati si appassionava alla fotografia, ricercando la qualità nella cura dei dettagli.

Noi della Sezione CAI di Conegliano gli siamo ancora grati  per tutte le volte in cui è venuto a raccontarci le sue "montagne della mente" attraverso le belle immagini in dissolvenza delle sue imprese.

Il suo sguardo franco, sempre sincero, resterà sempre nella nostra memoria, così come avveniva già dopo la prima volta che lo avevi incontrato, quando ti sembrava di averlo conosciuto da sempre. Un esempio per tutti noi.

Addio Giuliano!

 

 

La Sezione di Conegliano del Club Alpino Italiano intende intitolare il Bivacco Gianmario Carnielli, sugli Spiz di Mezzodì, anche a ricordo del compianto Giuliano De Marchi che su quelle montagne ha vissuto parte della sua grande passione dolomitica.

Domenica 12 settembre 2010, in occasione del 40° anniversario dell'inaugurazione del bivacco, costruito proprio con il lavoro manuale del forte Giuliano, allora poco più che ventenne, verrà organizzata una celebrazione commemorativa.

 

"Quando, di tanto in tanto, apro la porta del bivacco a lui dedicato sulla Pala di Lares Auta e me lo vedo davanti in quella foto, sorridente e sempre così invariabilmente giovane, mi si stringe il cuore e, mentre nostalgia e struggente ricordo dell'amico fluiscono come un'eco montana, mi risuona alla mente l'antico aforisma "muore giovane chi è caro agli dei".

Gliuliano De Marchi - 1990 - 20° anniversario del Bivacco Gianmario Carnielli - "Montagna Insieme" n.10 Marzo 1990

 

3 luglio 2009 - Santa Messa in ricordo di Giuliano

 

Ci sono volti, nomi di persone capaci di evocare una passione. Giuliano De Marchi lo è per quanto attiene alla montagna. Un curriculum a dir poco straordinario, il suo, che ne ha fatto una sorta di fuoriclasse tra i professionisti di scalate e conquistatori di vette. Forse la definizione in cui meglio si caratterizza quello che è il suo spirito si condensa nella motivazione con cui, nel 2005, decisero di assegnargli il "Pelmo d’Oro": «alpinista e himalaista di eccezionale tempra e rigore morale».

In più occasioni l’alpinista è intervenuto come medico. Anche di questo aveva avuto modo di parlare in uno dei tanti incontri che lo avevano visto protagonista: «È un aspetto molto brutto passare oltre a uno che soffre. Per noi ci vuole un maggior livello di umanità. L’uomo bisognoso deve essere la nostra preoccupazione primaria».

Bruno De Donà

 

Parlando di Giuliano mi piace paragonarlo a un  Bronzo di Riace. La testa e il viso cosi caratterizzati da tratti greci, il corpo armonico e forte, la calma del gesto misurato, senza tempo. Il sorriso non raro sul volto importante denotava una qualche timidezza e la modestia di un uomo che amava oltremodo la vita e le cose semplici e belle. Certo il suo curriculum sugli ottomila, sulle Dolomiti, sulle montagne di tutto il mondo, persino sulle pareti difficilissime dello Yosemite dopo essersi congelato i piedi, denota una grande passione per la tecnica e il difficile. Ma il bello della natura era nei suoi occhi, nel suo cuore...

Si lasciò convincere che lui era la persona più equilibrata, “sicura” e rispettata del campo base (della spedizione al K2 del 2004 - n.d.r.). Forse non la più adatta a “comandare”, ma certo sarebbe stato ascoltato. La spedizione alla fine ebbe successo, andammo in vetta, Giuliano ancora una volta arrivò vicino al suo sogno. Ne abbiamo parlato dopo con calma e con intelligenza come sempre accadeva con lui. Ci siamo rivisti e sentiti, non spesso, talvolta insieme all’altro grande suo conterraneo e comune amico Soro, ma come capita con gli amici veri e leali, ogni qualvolta che il destino incrociava le nostre strade  era come se ci fossimo salutati la sera prima. Molti di noi che amano la montagna e i “suoi” uomini gli devono molto, l’amicizia innanzitutto.

Agostino Da Polenza

 

Giuliano è vissuto per le montagne. La sua era una passione smisurata, lo dimostra il fatto che venerdì, appena avuto un momento libero, è salito sull’Antelao. Purtroppo è rimasto vittima di un banale incidente, come può capitare a chi frequenta la montagna. Per tutti noi è stato un grande amico. Non ricordo un litigio con lui, perdiamo un uomo meraviglioso.

Soro Dorotei

 

La scomparsa di Giuliano è una perdita per tutti. Sarebbe riduttivo parlare di lui come di un alpinista e basta. Era una persona completa, da anni punto di riferimento nel network di chi fa sport in montagna. Lo incontravi ed eri subito sulle sue lunghezze d’onda: distribuiva sicurezza e calma. E gli devo la vita: senza di lui difficilmente sarei riuscito a scendere da quella tenda a 8400 metri sull’Everest. Quante scalate e camminate, a guardare fiori, insetti, paesaggi... Era un uomo positivo. Sarà sempre vivo il suo modo di essere e pensare la vita.

Fausto De Stefani

 

Sono appena tornato dall’Everest che ho scalato ripassando sul tratto che avevo percorso con Giuliano nel 1980: stavo per telefonargli e dirgli che, allora noi due, avevamo compiuto una grande impresa arrivando alla cima Sud.

Dovevamo trovarci fra qualche giorno. Il suo stile non era da primo piano perché amava fare e mantenersi secondo un’etica rara nel nostro tempo. Aveva un bel modo di vedere e sapeva concepire le cose in una maniera che poteva sembra superata, ma che era invece validissima. Ha compiuto imprese di rilievo e avrei proprio voluto rivederlo, per raccontargli come sono ripassato sul "quel tratto" che ci aveva fatto penare e dirgli quanto fummo abili; e come sia cambiata quella montagna.

Sergio Martini

 

My Good. Era uno degli alpinisti che stimavo più di tanti altri.

Mi dispiace tantissimo. Era venuto a visitarmi lo scorso anno con la moglie nella mia casa a Juval. Gli ero affezionato: era alpinista bravo e simpatico, positivo, persona che stimavo tantissimo.

Giuliano era molto umano: ho il ricordo di una bellissima spedizione al Makalu. Era felice, sapeva ridere. Anche da medico era positivo.

Reinhold Messner

 

Tutti quelli che hanno avuto la fortuna di conoscerlo bene, continueranno ad apprezzarlo soprattutto per come era e non solo per la sua straordinaria vita di stimato chirurgo ed alpinista di prim'ordine.
Della grande avventura che abbiamo vissuto insieme conservo dei ricordi ancora molto chiari e credo, indelebili. Quelli più pazzeschi sicuramente quando, per 22 giorni abbiamo continuato a riderci in faccia l’uno con l’altro senza mai perdere il buon umore, anche mentre la bufera ci disfava la tenda in piena notte, oppure quando ci siamo trovati i sacchi piuma coperti di cioccolato bollente che per l’ennesima volta avevamo rovesciato nel tentativo di fare tutto con... attenzione.

Michele Barbiero

 

Oggi abbiamo perso un uomo di grande valore, una persona che con le sue imprese da alpinista e la sua generosità ha saputo dare grande risalto alle Dolomiti. Memorabili i suoi salvataggi in Himalaya.

Sergio Reolon - Presidente della Provincia di Belluno

 

Le citazioni sono tratte da www.montagna.org, www.planetmountain.com, www.gazzettino.it.