"Le ciaspe"

Un vecchio attrezzo alpinistico ridiventa nuovo

di Francesco La Grassa - CAI Conegliano 2005

 

 

Le prime ciaspe (all’epoca si chiamavano “racchette da neve”), le vedevo a casa di mia nonna Marianna Aliprandi, madre di Mario Vazzoler, appese nel salotto buono, dove aveva raccolto tutti i ricordi alpinistici e militari di suo figlio, precocemente scomparso nel 1927, fondatore e primo segretario della nostra Sezione. Erano forse un residuo della guerra, fatte con due ovali di legno collegati da corde, spaghi e cinghie. Avevo 7/8 anni e guardavo con desiderio di imitazione tutti questi ricordi (corde, piccozze, vecchi sci, ramponi ecc.) ma vigeva l’assoluto divieto di toccare quei “sacri” ricordi.
 

Quando cominciai ad andare sulla neve negli anni 30 scelsi però di adoperare gli sci, perchè permettevano di correre - perlomeno in discesa - assecondando l’esuberanza della mia giovane età.

Le ciaspe furono presto dimenticate: lo sci alpinismo e lo sci escursionismo con l’aiuto delle pelli di foca (prima naturali, da ultimo sintetiche) dettero ampia soddisfazione al mio desiderio di natura e di avventura.
 

Oggi assistiamo ad un ritorno dell’uso delle ciaspe, rivoluzionate da materiali nuovi, come plastica e alluminio, come mezzo per permettere di vivere la montagna anche d’inverno a chi non sa sciare o non vuole più intrupparsi nella folla di sciatori, sempre più veloci, spericolati e ... pericolosi.
 

Nei miei intinerari invernali fuori pista trovo sempre più frequentemente “ciaspisti” solitari o in gruppi che godono del piacere della montagna coperta di neve, del contatto con la natura immacolata, della scoperta di orme e di segni di animali che lottano nella natura fredda alla ricerca di acqua e di cibo. Finché erano una piccola minoranza, non c’erano problemi; ora che sono numerosi (anzi, numerosissimi) si comincia a notare qualche piccolo inconveniente che sarà opportuno considerare.

Scelta delle ciaspe: i materiali di fabbricazione e i tipi di ciaspe sono anche troppo numerosi, Ciò determina incertezza e qualche errore nella scelta nonché il costo eccessivo, in quanto la fabbricazione è alquanto frazionata. La scelta del tipo dipende dai risultati che si vogliono ottenere, dai terreni che si vogliono frequentare, ma anche e soprattutto dall’abilità e dalla forza di chi le adopera.

Scelta degli itinerari: é una cosa assolutamente fondamentale, non solo per determinare la riuscita delle gite, ma anche e soprattutto per la sicurezza delle persone.
Il muoversi con le ciaspe è molto più lento che con gli sci; in caso di maltempo e di pericolo di valanghe, l’allontanamento dalla zona pericolosa e il ritorno devono essere ben calcolati per evitare disgrazie. L’andare con ciaspe è più faticoso che con gli sci; si sprofonda di più sulla neve soffice ed è necessario procedere in fila indiana per limitare la fatica (ed anche per evitare un avanzare “brutto” e disordinato). In caso di neve dura e ghiacciata, le ciaspe con i ramponi incorporati sono indispensabili, ma il capogita dovrà aver cura di insegnarne l’uso agli altri ciaspisti.

Scuola di ciaspe: credo che l’uso delle ciaspe debba essere insegnato in appositi corsi teorici e pratici. Non si può andare allo sbaraglio senza prima imparare ad evitare i luoghi insicuri, la neve traditrice, gli itinerari troppo pericolosi per dei principianti della neve. Per chi vuole cimentarsi in itinerari più impegnativi, l’uso dell’ARVA (il segnalatore di persone sepolte nella neve) deve essere considerato indispensabile.
Per questo spero che la corsa all’uso delle ciaspe, di per sè molto utile ed auspicabile, sia incanalata dalle sezioni nel modo corretto, con la costituzione di una commissione che organizzi corsi dove si insegnino tutti i rudimenti di questa specialità, dalla scelta dei materiali e dei percorsi, al modo di camminare, dall’uso delle carte e degli strumenti di orientamento, all’uso dell’ARVA; tutto ciò che ha attinenza con le gite estive e che diventa a maggior ragione più importante in presenza di ghiaccio e di freddo.
Anche il comportamento di chi va sulla neve deve essere insegnato. Non sempre si va sulla neve vergine in posti solitari; anzi spesso i sentieri degli sciatori, camminatori e ciaspisti si sovrappongono e danno luogo a... incomprensioni. La scia dello sciatore fa gola al camminatore e al ciaspista: è sempre un sentiero battuto! Ma, camminandoci sopra, si rovina la traccia che è così necessaria e delicata.
L’andare sul sentiero o sulla strada in modo disordinato moltiplica inutilmente le piste, le rovina e raddoppia la fatica; oltretutto rovina l’estetica del paesaggio. Anche questa dovrebbe essere materia di insegnamento, onde evitare spreco di fatica e... inutili improperi da parte di chi viene dopo!
 

Benvenuti, quindi, ciaspisti e buon divertimento. Auguri e ringraziamenti agli istruttori del CAI per questa nuova e salutare fatica.