Altissimi passaggi sulla Tofana de Inze

Sulle tracce di Capitan Barborka e dello Streifkommando

 

di Ettore Menegatti e Giovanni Paoletti - CAI Conegliano 2005

Anche se sono passati molti anni da allora, ed anche se su una delle cime si arriva ora comodamente in funivia, non è detto che tutto sulla guerra e sulle Tofane sia arcinoto.

Ne sia prova l’itinerario qui descritto, assolutamente desueto, che dal fondo di Val Travenanzes raggiunge le quote più alte della Tofana di Dentro (detta anche Tofana Terza o De Inze – m.3.233) e di Mezzo; un itinerario che in tempo di guerra fu sicuramente individuato ed attentamente studiato dai comandanti austriaci di settore, il capitano Barborka in primis, quando fu loro imposto di riconquistare le cime, cadute in mano agli Italiani fin dai primi mesi di guerra.

Emanuel Barborka, nato a Pilsen (Boemia) nel 1884 e morto sul Masaré di Tofana il 9 luglio 1916, è la figura di maggior spicco di parte austriaca nelle vicende belliche sulle Tofane. Le sue doti umane lo resero molto popolare sia tra i suoi soldati che tra i suoi “nemici”.

Non torneremo sulle tracce di un progetto di attacco alle postazioni italiane in alta quota, disegno rivelatosi troppo arduo e rischioso, se non altro per le conseguenti enormi difficoltà nell’assicurare collegamenti e rifornimenti, superando dislivelli di 1.500 metri su un versante fortemente innevato e battuto da valanghe per buona parte dell’anno.

“Alla fine del novembre 1915, con l’arrivo del grande inverno, in Val Travenanzes vennero ridotti gli organici, restarono i due Streifkommandos ed una sola compagnia di Kaiserjager. Il capitan Barborka assunse il comando di settore. Il pericolo più grave era sicuramente rappresentato dalla morte bianca. Quando aveva nevicato per un tratto, sopraggiungeva il momento in cui lungo quasi tutta la valle precipitavano dalle rupi di entrambi i fianchi della vallata grandi e piccole valanghe; ed allora si udiva per ore e ore una sequela pressoché ininterrotta di rombi, di boati e di scricchiolii. Dopo una nevicata copiosa si abbattevano tante valanghe che il fondovalle ne rimaneva interamente colmato. Il 18 novembre 1915 ci furono cinque vittime durante lo sgombero di un ricovero ai piedi della Nemesis. L’11 marzo 1916 oltre quaranta portatori perirono per una valanga precipitata da Forcella Fanis Grande. Nel novembre/dicembre 1916 ci furono vittime nel presidio a Nord della quota 1.999, nella parte centrale della valle. … Il segnale di pericolo veniva dato dalla sede  dello Streifkommando del capitan Barborka mediante l’esposizione di una bandierina, e da quel momento erano proibiti tutti gli spostamenti e le corvées, mentre si ricorreva in tutti i posti e presìdi all’utilizzo delle apposite riserve di viveri”. (Da “G.Burtscher – Guerra nelle Tofane”).

Alla fine, sui piani a tavolino per l’attacco alle postazioni italiane prevalse il buon senso tipicamente montanaro del Barborka e del suo mitico Streifkommando ed il disegno fu abbandonato.

Non ci sarà richiesto di affrontare le fatiche di allora, per salire dai 1.300 metri del fondovalle di Cortina (Fiames) ai 3.200 delle cime, ma meno eroicamente metteremo mano al portafoglio, dandoci appuntamento alla biglietteria della “Freccia del Cielo”.

L’itinerario perciò verrà descritto nel senso inverso, quello della discesa, dalla cima verso valle.

Un’alternativa più consona allo spirito alpino dei luoghi può prevedere la salita della Tofana Terza da Ra Valles, dopo un pernottamento alla Capanna degli Alpini del Battaglione Fenestrelle (m 2.922), autentica, oltre che ottimamente restaurata. Dalla cima si raggiunge poi l’itinerario qui sotto descritto in corrispondenza del nevaio occidentale, preferibilmente passando per la postazione italiana di quota 3.100 circa, sulla cresta Ovest.

 

Descrizione dell’itinerario

Dalla cima (m 3.244), raggiunta in qualche minuto dalla stazione superiore della Funivia, ci si cala per sentiero attrezzato alla sella divisoria (m 3.084) tra Tofana di Mezzo e Tofana Terza e di qui verso Ovest, sul nevaio perenne della conca che termina con uno spalto roccioso (m 2.957).

Si segue la marcata traccia del sentiero che scende verso Forcella Fontananegra. Prima del guado sul torrentello si abbandona il sentiero e per ghiaie si attraversa verso destra (Nord) alla base dello spalto roccioso, in direzione della cresta che dalla cima di Tofana Terza scende verso la Val Travenanzes. Sulla crestina (quota 2.886) si trova una caverna di guerra denominata postazione Carugati, dal nome del tenente che dalla Tofana Terza scese ad occupare questo avamposto, in appoggio all’attacco italiano sul Masaré.

Ci si affaccia quindi sul versante Nord-Ovest della Tofana Terza: mille metri più in giù scorre il Rio Travenanzes, più in su si trovano i campi di ghiaie percorsi dalla Cengia Paolina.

E’ un ambiente severo e di grande suggestione. Per breve tratto si seguono tracce di guerra sotto il filo di cresta, fino a portarsi sulla sommità del ripido declivio sovrastante una selletta al di là della quale appare la cuspide di Punta Nemesis (m 2.755), cosparsa di opere belliche. Per rafforzare le linee sul Masaré che gli alti comandi non volevano abbandonare, il capitano Barborka il 10 maggio 1916 guidò personalmente la pattuglia di 2 ufficiali e 30 soldati ad occupare la quota 2.758 della Tofana Terza, da lui ribattezzata “Nemesis”, perché da lì si riprometteva di riconquistare le vette delle Tofane di Mezzo e de Inze. Pochi mesi dopo la Nemesis fu occupata dagli Alpini.

Senza scendere ulteriormente e svoltando a destra, per ghiaie instabili ci si immette su una fascia di cenge ghiaiose che segnano in leggera discesa l’intero versante Nord-Ovest della Tofana Terza. Che qui siano passati gli austriaci sembra probabile. Il primo episodio potrebbe essere l’azione dell’alfiere Jelinek, il 22 ottobre 1915, in concomitanza con un attacco italiano sul Masaré. Egli stava tentando un colpo di mano contro il pulpito di Cima Giovannina con il suo funesto cannone e si inoltrò su una cengia della Nemesis fino a portarsi sopra le truppe italiane. Se la Nemesis fu occupata stabilmente solo il maggio dell’anno successivo, la via dal basso (canalone Sud) non era ancora stata attrezzata?. Si può forse presumere che gli austriaci arrivassero da Potofana per la nostra cengia. D’altronde la successiva presenza degli Alpini presso la  postazione Carugati, a ridosso dello sbocco della nostra cengia, starebbe a provare una stretta sorveglianza  su una possibile via di attacco nemico.

Nel primo tratto ci si mantiene strettamente accostati alla base di gialle pareti verticali, su terreno piuttosto instabile e soggetto a scariche di sassi in caso di maltempo.

Proseguendo, dopo aver attraversato un rivolo d’acqua perenne, si raggiunge il pulpito ghiaioso sottostante il torrione quotato 2.874 che delimita il versante appena percorso, ed aggirando il quale si spalanca il circo Nord della Tofana Terza (Potofana). Il panorama è grandioso.

La bancata ghiaiosa alla base del torrione va percorsa fino al suo termine, ai bordi di un largo canalone (dove sale la via Deye-Schuster alla Tofana Terza) che è necessario scendere per raggiungere i vasti spazi dello splendido circo. Il fondo del canale è nevoso o in ghiaccio vivo, a seconda della stagione, ed è piuttosto battuto da scariche di sassi, per cui è preferibile scendere mantenendosene prudentemente ai bordi, su roccia marcia. Il tratto può richiedere l’uso di corda, piccozza e ramponi.

Poi si va giù liberamente, fino ad incrociare i segnavia della Cengia Paolina, in corrispondenza della sella antistante quota 2.474 (postazioni austriache dello Streifkommando).

Per la successiva discesa a valle si può scegliere tra diverse alternative:

1)      Seguire la Cengia Paolina in direzione Ra Valles (funivia) o in direzione opposta verso Forcella Fontananegra: in entrambe le direzioni si debbono però affrontare faticosi saliscendi.

2)      Scendere in Val Travenanzes, a quota 1.780, scegliendo tra due distinti sentieri di guerra austriaci, il primo dei quali divalla direttamente per il Vallon Potofana su tracce segnalate ma incerte.

Il secondo itinerario, il Sentiero Lancedelli (dal nome del suo segnalatore, 1970), è di carattere più alpinistico e spettacolare, raggiunge sempre il fondovalle a quota 1.780 mantenendosi ad Ovest del precedente, in versante Travenanzes, con lunghi tratti scavati artificialmente nella roccia del fianco della valle. Nel senso della discesa parte dalla sella antistante quota 2.474, scendendo verso Ovest lungo il canalone utilizzato anche dalla Cengia Paolina, canalone che viene abbandonato quando sulla destra orografica si nota un ripiano barancioso con tracce di trincee.

Attraversato il ripiano verso Nord, tra i mughi si rinviene l’inizio di un sentiero (qualche segno rosso), che passa nei pressi di cataste di legna tagliata ed infila verso Nord una cengia scavata a tratti artificialmente, molto bella ed aerea, fino a raggiungere le baracche di guerra sopra quota 1.780.

Quota 1.780 in Travenanzes segna il netto passaggio tra la parte superiore della valle, aperta e disposta in asse Nord-Sud, e la parte inferiore della valle, disposta in asse Est-Ovest e riunchiusa tra gli alti spalti della Tofana Terza e del Vallon Bianco. Dopo il ponte Cadoris, la valle sfocia nella Val di Fanes (Ponte Alto).

Dislivello in discesa dalla Tofana di Mezzo: m.1.930 – Ore di percorrenza 5-7 (fino a Fiames).

 

Avvertenze per la percorrenza della Cengia

Come sarà apparso chiaramente dalla descrizione, si tratta di un percorso non attrezzato e segnato solo nella parte inferiore (sono stati eretti degli ometti nell’oramai lontano 25 agosto 1990, data della nostra percorrenza – G.Paoletti, H.Burstin, E.Menegatti). In nessun caso può quindi essere considerato un itinerario facile ed aperto a tutti gli escursionisti. Lo abbiamo affrontato, debitamente equipaggiati, per verificare un’ipotesi, nata da frequentazioni tanto dei luoghi, quanto dei testi; e cioè che esistesse un altissimo passaggio sulla parete della Tofana Terza che domina Travenanzes, parete alpinisticamente tanto sconosciuta, quanto affascinante, e che tale passaggio fosse in guerra conosciuto ed utilizzato.

Fin dall’attacco la cengia si è dimostrata decisamente insicura (parete friabile, terreno franoso, canale in ghiaccio vivo). In condizioni meteorologiche avverse o con presenza di neve, la cengia è verosimilmente impraticabile da parte di escursionisti, anche se esperti. Se abbiamo voluto segnalarne comunque l’esistenza è soprattutto a scopo informativo.

 

Note di Giovanni Paoletti (post scriptum)

Alcune ipotesi da me fatte, in occasione della percorrenza, sullo svolgimento dei fatti bellici, alla luce di ulteriori ricerche non sono più attendibili. Anche le notizie sulla segnaletica o meno del percorso sono nel frattempo superate, mutando le condizioni in peggio.

Resta probabilmente immutata la difficoltà escursionistica del percorso che è affrontabile in una limitata finestra temporale, tra il completo scioglimento dei depositi di neve vecchia e le prime nevicate che a 2.900 metri, possono sopraggiungere già in agosto.

Come per "Capitan Menegatti" anche per me l'anagrafe impietosamente impedisce di tornare a verificare il percorso: attendo con piacere che qualcuno lo faccia e ce ne dia notizia.

Le mie foto riportate dovrebbero illustrare efficacemente buona parte del percorso della cengia "Jelinek", come qualcuno vorrebbe ora chiamarla, dal nome dell'alfiere del R.I. esercito a cui probabilmente si debbono quelle ormai antiche esplorazioni.